
Alla fine degli annì Ottanta, in piazza Municipio, fu aperto il cantiere della linea tranviaria rapida (LTR). La notizia che sotto l glardini e l’asfalto, in prossimità del Maschio Angioino, cì fossero ì resti dell’antico porto di Neàpolis era un segreto di Pulcinella: una cosa che tutti sapevano, ma tutti facevano finta dì non sapere. Con il primo sterro profondo (scavato soltanto dopo il Duemila) i lavori furono bloccati e si gridò alla meraviglia: «È il porto antico!». In realtà, la “scoperta sensazionale” era già stata riportata da illustri studiosi - tra cul Bartolomeo Capasso a fine Ottocento - i quali, metro più metro meno, avevano individuato il luogo in cuì sì trovava la darsena partenopea: tredici metri sotto il piano stradale e tre sotto l’attuale livello del mare. Probabilmente all’epoca fu un pretesto per avviare gli scavi e ottenere i fondi necessari, fatto sta che, quasi trent'anni dopo, il cantiere è ancora aperto, la LTR è stata sostituita dalla linea 6 della metropolitana e i costi della nuova rete tranviaria sono arrivati alle stelle. In compenso, quel che sì sta recuperando è straordinario: il futuro archeologico e il nuovo palinsesto a stratificazione di epoche) di Napoli passano da quì. sono state rinvenute ben tre imbarcazioni da carico: la prima, dì nove metrì per due, sotto la statua di Vittorio Emanuele a cavallo; la second, co caratteristiche simili, a poca distanza; la terza lunga addirittura tredici metri, larga due, e con una singolare prua piatta. Sembra quasi che i nostri avi smarrissero nelle acque portuali ogni genere di cose: gioielli, monete corizie con scene dionisiache, calzari, balsamari, anfore ancora tappate, coppe di provenienza africana, aghi per le reti ed altri attrezzi da pescatore, arpioni, garrocci e lampadeper un totale di circa tremila reperti datati massimo al IV, secoloin cuil'attracco napoletano finì nella palude, prima di scomparire - interrato da una strada costruita nelVI - per riemergere solo oggi.